A Piante e Animali Perduti 2018 la riscoperta della Pecora Saltasassi attraverso il filato artigianale

Piante e Animali Perduti è una manifestazione che da sempre focalizza il proprio impegno sul recupero e la valorizzazione della biodiversità e delle eredità immateriali del nostro territorio. Anche quest’anno conferma la collaborazione con l’associazione RARE, promotrice di importanti ricerche ed attività per la salvaguardia delle specie animali in via d’estinzione.

Nell’ambito di quest’ultima, si inserisce anche l’attività della dottoressa Chiara Motta – consigliere dell’Associazione nonché esperta di lane e filatura – che dal 2015 ha iniziato ad occuparsi direttamente della conservazione di una specie ovina autoctona delle valli dell’Ossola: la pecora Saltasassi, una razza alpina “a orecchio cadente” di taglia medio-piccola, oggi vicinissima all’estinzione.

Valorizzazione della lana per il recupero di razze ovine reliquie

Il panorama zootecnico italiano e l’impoverimento del nostro patrimonio genetico

Nel panorama zootecnico italiano, ricchissimo di biodiversità, si è assistito negli anni ad un progressivo graduale decremento numerico di molte razze di varie specie e la loro sostituzione con razze nazionali o estere considerate più produttive, con un conseguente rischio di impoverimento del patrimonio genetico.

Per alcune razze ovine dell’arco alpino il processo di regressione numerica che le ha portate sulla soglia dell’estinzione sembra essere irreversibile e sono considerate ormai allo stato di reliquia.

La riscoperta e la valorizzazione della loro lana potrebbe portare un contributo ad invertire questa tendenza, o almeno aiutare a stabilizzare numericamente queste popolazioni garantendone la sopravvivenza.

La lana, nella maggior parte dei casi considerata oggi dall’allevatore unicamente un rifiuto da smaltire, è stata da sempre una ricchezza, e un materiale prezioso.

L’esperienza personale di Chiara Motta con la Pecora Saltasassi

L’esperienza personale di Chiara Motta, nei confronti della lana e della specie Saltasassi, comincia alla fine del 2011, con l’incontro di una artigiana del feltro durante una mostra zootecnica in Valsesia. Occasione, questa, di scoperta e apprezzamento sia delle antiche manualità, sia dei possibili utilizzi della lana grezza.

In seguito, la mostra Wools of Europe a Biella, è stata decisiva per la nascita della sua passione verso la lana, intesa non come un anonimo gomitolo di incerta provenienza, ma come il vello di una precisa razza di pecora con caratteristiche del tutto peculiari, diverse da razza a razza.

Quest’esperienza, le ha permesso di guardare con occhi nuovi sia l’elenco delle razze ovine italiane, sia le loro caratteristiche produttive, in particolare quelle riferite alla lana. La sua attenzione, poi, è andata focalizzandosi sulla razza autoctona tipica della sua zona: la Saltasassi, razza con principale attitudine alla produzione di carne, in forte regressione numerica, sostituita da più produttivi incroci di razza Biellese.

La frequenza di corsi sulla filatura, la raccolta ci campioni di vello sucido e lana già preparata industrialmente  e la pianificazione dell’acquisto di un piccolo nucleolo di pecore Saltassi, sono stati i tre passaggi fondamentali – seguiti dalla Dottoressa Chiara Motta – in preparazione alla produzione e filatura della lana.

Frequentare come visitatrice, o partecipare come espositrice alle mostre di settore o zootecniche, in cui animali e artigianato tessile spesso si fondono o coesistono si è rivelato poi, nella sua esperienza, un mezzo molto utile per contattare altri appassionati e testare la qualità e il gradimento dei prodotti.

Ipotesi di lavoro in un contesto globalizzato: l’unicità della produzione artigianale

E’ sicuramente utopistico pensare all’utilizzo delle lane autoctone su larga scala, o credere di poterle reinserire nei normali canali di mercato globale o utilizzarle per produzioni tessili di grande distribuzione. Non si tratta, infatti, di fare concorrenza con le lane di pecora Saltasassi o di Sambucana alla enorme diffusione delle lane Merinos, di qualità eccellente e presenti in grandi quantità e a prezzi relativamente bassi sul mercato del tessile, ma di ridare dignità e commerciabilità  ad un prodotto, la lana autoctona, che negli ultimi decenni è stato svilito fino ad essere considerato un rifiuto.

Per far questo, potrebbe essere necessario agganciare anche la lana e i suoi manufatti alla tendenza recente della riscoperta del prodotto artigianale di qualità in un contesto di recupero delle tradizioni locali, un po’ come già in corso per i prodotti alimentari D.O.P.

Valorizzare la lana di razze ovine autoctone con una lavorazione artigianale,  è una attività manuale molto laboriosa, lunga, con produzioni basse, che può trovare una sua collocazione commerciale “di nicchia” nell’ambito delle produzioni artigianali tradizionali specializzate. Inoltre il prodotto finito deve necessariamente rivolgersi ad un pubblico di potenziali acquirenti curioso, sensibile alle tematiche ambientali, al benessere animale, interessato alla biodiversità, alla tutela delle tradizioni, attento ai particolari, e alla ricerca di un prodotto unico, non realizzato in serie.

I problemi della produzione artigianale, dovrebbero essere trasformati in punti di forza, premendo proprio sull’unicità del manufatto, sulla sua non riproducibilità, sulla qualità, sul recupero di antichi saperi e manualità, sulla riscoperta della tradizione abbinata alla tutela del valore della biodiversità zootecnica locale.

Il lavoro amatoriale svolto fin qui ha dei limiti oltre che nella quantità di prodotto e nel costo, anche nella mancanza di una rete di conoscenze di piccoli allevatori di razze autoctone o reliquie, disseminati sul territorio, e nella enorme difficoltà di sveltire alcune fasi della preparazione della lana come il lavaggio e la cardatura. Le piccole aziende che effettuano conto terzi questi passaggi cruciali della lavorazione, infatti, chiedono di solito un minimo di quantitativo per avviare il processo. Un altro punto importante è la valutazione del tipo di lana per avviarlo alla lavorazione più adatta alle sue caratteristiche: filatura, tessitura, feltro, imbottiti/materassi, tappeti, complementi d’arredo, uso industriale (coibentazione).

Manca inoltre un lavoro sistematico di reperimento e poi catalogazione delle lane delle varie razze italiane, ed andrebbe sviluppata l’analisi non solo della finezza in micron, ma anche di altre caratteristiche della fibra di lana, quali la lunghezza del fiocco, l’increspatura, la lucentezza  che influiscono sia sulla lavorazione, sia sulla sensazione al tatto e quindi sulla gradevolezza del prodotto finito. In quest’ambito il limite è la estrema variabilità delle caratteristiche del vello in soggetti diversi della stessa razza, in quanto non più (o più spesso, mai) selezionata per la produzione di lana.

Altro aspetto da sviluppare è la raccolta di informazioni su aziende, artigiani, privati, piccoli allevatori, associazioni locali che utilizzano già e commercializzano su piccola scala la lana, o prodotti artigianali di razze ovine autoctone in varie parti d’Italia, e possibilmente creare anche a questo livello una rete di contatti che aiutino a risolvere problemi comuni e a far circolare le esperienze maturate. In campo pratico, sono numerosi gli esempi reperibili sul web di  piccole e medie aziende in tutta Europa  che trasformano la lana di razze autoctone.

Sul nostro territorio nazionale sono attive associazioni e consorzi che promuovono il recupero e la trasformazione della lana, fornendo un canale di raccolta e ritirando la lana da tosa da avviare alla lavorazione.

Sono inoltre nati e stanno crescendo artisti e designer che danno nuovo impulso a vecchie attività artigianali, disegnando modelli e pattern, sfruttando la maggiore visibilità grazie a internet e rivolgendosi ad un pubblico più giovane, cercando di creare una tendenza e ringiovanendo il mondo del feltro, della tessitura o del knitting.

Importantissimo inoltre è continuare a seguire – e possibilmente partecipare – alle numerose manifestazioni nazionali e internazionali di settore, proprio per allacciare e coltivare la rete di contatti, diffondere la sensibilità e l’interesse per queste tematiche e questi prodotti, e raggiungere e contribuire a far crescere la platea di appassionati che costituiscono anche i potenziali destinatari.

Solo in questo modo sarà possibile far leva su un prodotto dimenticato e negletto per troppo tempo come la lana, per dare un contributo al rilancio di razze destinate altrimenti inesorabilmente all’oblio.

Articolo scritto in collaborazione con Chiara Motta, immagini fornite da Chiara Motta, immagine della pecora da @magdaphotography